Descrizione
L’intero territorio calabrese è ad elevato rischio sismico.
In modo del tutto equivalente alla definizione generale di rischio, quello sismico può essere definito come il prodotto tra la probabilità che un determinato terremoto si verifichi in un certo intervallo di tempo (PERICOLOSITA') ed il danno, sia in termini economici che in perdite di vite umane (ESPOSIZIONE), che esso causerebbe nelle parti meno resistenti dell'ecosistema umano (VULNERABILITA').
La Calabria ha una pericolosità sismica molto alta (per frequenza e intensità dei fenomeni accaduti in epoca storica), una vulnerabilità altissima (per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) e un’esposizione molto alta (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale in zone interessate da faglie attive). La nostra Regione è dunque ad elevato rischio sismico, in termini di vittime, danni alle costruzioni e costi diretti e indiretti attesi a seguito di un forte terremoto.
La Classificazione sismica
Nel 2003 sono stati emanati i criteri di nuova classificazione sismica del territorio nazionale, basati sugli studi e le elaborazioni più recenti relative alla pericolosità sismica del territorio, ossia sull’analisi della probabilità che il territorio venga interessato in un certo intervallo di tempo (generalmente 50 anni) da un evento che superi una determinata soglia di intensità o magnitudo. Con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003 individua in Italia quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale (tabella sottostante).
Mappa della pericolosità sismica Mappa del rischio sismico
Ma perché la Calabria ha una pericolosità sismica così elevata?
Tutti (o quasi) conoscono la “Teoria della tettonica a placche”, secondo la quale i continenti non sono fermi ma si muovono e costituiscono un insieme di placche rigide che “galleggiano” su un orizzonte plastico. I continenti possono avvicinarsi o allontanarsi reciprocamente. Lungo i limiti di contatto tra i continenti le rocce si rompono. La Calabria è così esposta ai rischi “geologici” perché è collocata esattamente lungo la zona di contatto tra l’Europa e l’Africa che si stanno avvicinando ad una velocità di 7 millimetri/anno: in altre parole, la Calabria è “schiacciata” dalla grande morsa costituita dalla placca africana (a sud) e da quella europea (a nord).
Schema di interazione tra la Placca Europea e quella Africana
Questa morsa provoca la rottura delle rocce calabresi lungo quelle gigantesche fratture - lunghe da decine fino a centinaia di chilometri e profonde generalmente fino a 10-15 km - che i geologi chiamano “faglie”.
Ma cosa sono le faglie? A causa dei movimenti della crosta terrestre legati alla deriva dei continenti, le rocce vengono compresse fino alla rottura; lungo le superfici di rottura (faglie) si producono spostamenti e, di conseguenza, attriti che provocano la liberazione istantanea dell’energia elastica accumulata prima della rottura, sotto forma di energia “sismica”, cioè di onde sismiche (terremoto).
Schematizzazione di una faglia a sinistra, a destra effetti di una faglia sul terreno
Per rendere meglio l’idea si immagini, ad esempio, di comprimere un mattone in una morsa: il mattone si deformerà accumulando progressivamente energia (elastica) man mano che la morsa si stringe. Ad un certo punto comprimendo ulteriormente la morsa, il mattone si romperà lungo una superficie (faglia) e libererà in un attimo tutta l’energia accumulata sotto forma di terremoto (onde sismiche). E’ esattamente in questo modo che si comportano le rocce sottoposte agli sforzi causati dai continui movimenti della crosta terrestre.
Le faglie come le morse….
Ma quando una roccia si rompe, oltre a generare un terremoto, produce un altro importante effetto: lungo la faglia, la roccia si frattura minutamente, si tritura, perde compattezza (diventa scadente) e, assorbendo acqua, è predisposta a franare.
“Fragilità” delle rocce e terremoti hanno reso la Calabria una delle zone al mondo più esposte ai rischi naturali: terremoti e frane hanno mietuto quasi 200.000 vittime negli ultimi 250 anni (!) e precluso lo sviluppo socio-economico, rappresentando una delle principali cause d’emigrazione. Da qui gli atavici appellativi dati alla Calabria di “terra ballerina” e “sfasciume pendulo sul mare”.
La Calabria è attraversata da un sistema di faglie in piena attività (linee in rosso nella figura sottostante), che si sviluppa dalla Valle del Crati, passa per lo Stretto di Messina e termina in Sicilia orientale. Queste faglie rappresentano settori ad elevato rischio sismico ed hanno originato la quasi totalità dei terremoti catastrofici che hanno colpito la Calabria in epoca storica: il terremoto della Valle del Crati del 1183, il terremoto di Reggio e Messina del 1908, la crisi sismica della Calabria meridionale del 1783, terremoti della Calabria centrale del 1638 e del 1905, i terremoti del cosentino del 1835, 1854 e 1870.
Le principali faglie della Calabria e i terremoti catastrofici
che hanno colpito la regione in epoca storica
Tabella con i principali terremoti storici in Calabria a partire dall’anno 1.000
La scala Mercalli e la scala Richter
La scala Mercalli esprime l'intensità del terremoto, ovvero quantifica la forza di un terremoto in base agli effetti che ha prodotto sulle costruzioni dell’uomo. Essa è espressa con la scala MCS (Mercalli-Cangani-Sinberg), meglio nota come “Scala Mercalli” in onore del sismologo italiano che per primo propose una scala basata sugli effetti prodotti da un terremoto. La scala Mercalli è costituita da dodici gradi e l'Intensità diminuisce con l'aumentare della distanza epicentro - punto di osservazione. L'uomo avverte gli effetti a partire dal III grado. Al XII grado corrispondono stravolgimenti sulla superficie terrestre quali, ad esempio, vistosissime deformazioni del suolo, alterazioni del regime idrico e distruzione di quasi tutte le opere dell'uomo.
La magnitudo, termine latino che significa grandezza, è una misura dell’energia rilasciata durante un terremoto nella porzione di crosta dove questo si genera.
La scala creata doveva poter descrivere con un numero ristretto di valori sia sismi appena avvertibili che terremoti immani: per questo, essa è logaritmica ed è tale che ad ogni aumento di unità nella magnitudo corrisponde un aumento di 10 volte nell’ampiezza misurata (e un rilascio di energia circa 30 volte maggiore).
Il grado della scala Mercalli, essendo basato sugli effetti osservabili del terremoto, è valutabile con semplicità ed immediatezza ma fornisce una stima relativa circa la violenza del terremoto. La Magnitudo richiede tempi tecnici per la valutazione ma rappresenta una misura assoluta e confrontabile.
Nonostante la differenza concettuale tra energia erogata ed intensità degli effetti, è ragionevole aspettarsi che, a parità di condizioni, all'aumentare della Magnitudo debba aumentare anche il valore della scala Mercalli.
La scala Mercalli, come già accennato, è basata semplicemente sugli effetti del terremoto osservabili sugli edifici, le cose e la popolazione. Questo comporta tuttavia dei problemi di valutazione:
Un terremoto che si manifesta in un luogo deserto e disabitato non può essere valutato.
Due terremoti che si manifestano in due diversi luoghi del mondo con la medesima magnitudo possono non risultare della medesima intensità. Questo perché chiaramente le capanne di fango subiscono un sisma in modo diverso dalle case in cemento armato.